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IL FU MATTIA PASCAL

AUTORE:
EDITORE: BARBERAEDITORE
COLLANA: CLASSICI
COPERTINA: BROSSURA
N. PAGINE: 250
ETA' CONSIGLIATA: DAI 15 ANNI

CODICE LIBRO: 9788878994775

IL FU MATTIA PASCAL – LUIGI PIRANDELLO a cura di Matteo Veronesi

Il romanzo il fu Mattia Pascal è una delle opere di Luigi Pirandello più conosciute e amate dal pubblico, ed una delle più rilevanti dell’intera produzione dello scrittore siciliano. Scritto nel 1903, sovvenzionato dalla rivista Nuova Antologia, sulle cui pagine venne pubblicato a puntate l’anno successivo, il romanzo, come ci anticipa già il titolo stesso, ruota interamente attorno al tema, fondamentale in Pirandello, dell’identità individuale: quella di Mattia Pascal e del suo alter ego, Adriano Meis. Il romanzo, scritto in prima persona, è infatti il racconto da parte del protagonista della propria vita e delle vicende che l’hanno portato ad essere il “fu” di se stesso.

Mattia, il protagonista, il quale ha pure un fratello di nome Roberto, sceglie di dare in gestione l’eredità del marito a Batta Malagna, amministratore poco onesto che deruba giorno per giorno la famiglia Pascal. I due giovani eredi, dal canto loro, sono troppo impegnati a divertirsi per occuparsi della gestione del patrimonio famigliare. Mattia, inoltre, mette incinta la nipote del Malagna, e viene da questi obbligato a sposarla per rimediare all’offesa provocata. Impoverito dalla mala gestione dell’eredità paterna, il protagonista deve impiegarsi come bibliotecario e vivere con la moglie a casa della suocera, donna arcigna e che lo disistima profondamente. Non passa molto tempo che la vita matrimoniale diventa insopportabile e, dopo la perdita di entrambe le figlie che amplifica la frustrazione dei coniugi, Mattia decide di partire in direzione Montecarlo, per tentare di arricchirsi al gioco. Le sue speranze vengono esaudite: il protagonista vince una somma considerevole alla roulette. Si rimette così in viaggio verso il paese natio, tronfio della vittoria e deciso a riscattarsi. Durante il viaggio in treno, però, accade l’imprevedibile: Mattia legge sul giornale la cronaca di un suicidio avvenuto a Miragno, e scopre con enorme stupore di essere stato identificato nel cadavere dello sventurato, già in stato di putrefazione e quindi poco riconoscibile. Dopo un primo momento di totale smarrimento, Mattia decide di cogliere l’occasione per fuggire da quella vita poco entusiasmante che lo attende a casa.

Abbandonata l’identità di Mattia Pascal, cui si associa l’idea di fallimento esistenziale, il protagonista adotta il nuovo nome di Adriano Meis, convincendosi che liberarsi dalla figura sociale di Mattia (il nome, la fimiglia, la vita usuale di tutti i giorni) sia il primo passo di una nuova vita. Dopo un periodo trascorso a vagare tra Italia e Germania, Adriano si stabilizza a Roma, dove prende in affitto una stanza dal signor Paleari. Qui però il protagonista si scontra coi limiti intrinseci di un’esistenza al di fuori delle convenzioni sociali: non possedendo documenti né un’identità riconosciuta, non può denunciare un torto che gli viene fatto – nello specifico, un furto – e, cosa ben più grave, non può sposare la figlia del padrone di casa, Adriana, di cui è nel frattempo s’è innamorato. Frustrato dalla sua condizione, decide di rinunciare anche all’identità di Adriano Meis, di cui inscena il suicidio (a pensarci bene, un altro atto di mistificazione e di mascheramento da parte del protagonista), e di riprendere la vecchia identità, facendo “risorgere” – per così dire – Mattia Pascal. Tornato a Miragno, Mattia trova però una situazione ben diversa da quella che aveva lasciato: sua moglie ha sposato un amico di vecchia data, Pomino: inoltre, i due hanno pure avuto una figlia. Mattia è dunque escluso anche da ciò che inizialmente, con l’episodio fortunato della roulette, aveva provato a fuggire e che ora vorrebbe recuperare in extremisL’ordine sociale (rappresentato dalla famiglia e dal matrimonio, oltre che dal nome e dal cognome che ci identifica di fronte agli altri) isola definitivamente Mattia, che può solo riprendere il suo precedente impiego di bibliotecario, ritirandosi in una vita condannata al senso di estraneità dal mondo, la cui unica distrazione è la visita saltuaria alla propria tomba.

Con un puntuale tocco umoristico – assai coerente del resto con la poetica pirandelliana della maschera e la sua costante riflessione sul “doppio” che alberga nelle vite di tutti noi, come dimostrerà anche Uno, nessuno e centomila – a Mattia, che ha provato ad evadere dalle convenzioni sociali per assumere una nuova identità più felice, non resta che la constatazione, assai provvisoria e precaria, di essere nient’altro che il “fu Mattia Pascal”. Sono tutti temi che costellano il romanzo, e che si concentrano, oltre che nelle due Premesse del romanzo, anche quando Anselmo Paleari esplicita a Mattia-Adriano (degente a letto, e provvisoriamente privato della vista dopo un’operazione all’occhio strabico…) la propria “lanterninosofia”. E le basi “filosofiche” della concezione del mondo pirandelliana non si riflettono solo nelle vicende del romanzo, ma anche nelle scelte stilistiche e strutturali che lo contraddistinguono: Mattia è narratore in prima persona delle proprie vicende, e spesso il suo punto di vista sugli eventi è soggettivo e parziale, tanto da farci seriamente dubitare della sua attendibilità. E lo stile di questa autoanalisi, comune a molte altre opere dell’autore siciliano, mescola abilmente elementi teatrali e una sintassi vicina all’oralità, per restituire l’immagine della frantumazione dell’identità contemporanea.

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Description

Il fu Mattia Pascal è stato scritto da Pirandello in una fase rilevante, sia dal punto di vista storico che personale, dell’autore.

Luigi Pirandello (Girgenti, 28 giugno 1867 – Roma, 10 dicembre 1936) è stato un drammaturgo, scrittore e poeta italiano, insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1934. Per la sua produzione, le tematiche affrontate e l’innovazione del racconto teatrale è considerato tra i più importanti drammaturghi del XX secolo. Tra i suoi lavori spiccano diverse novelle e racconti brevi (in lingua italiana e siciliana) e circa quaranta drammi, l’ultimo dei quali incompleto. La poetica dell’Umorismo Pirandelliana, in realtà nasce già quando, nel 1904, pubblica le due premesse de Il fu Mattia Pascal dove richiamandosi a Il Copernico di Leopardi del 1827 nelle Operette morali riprende l’ironia letteraria di Leopardi che attribuiva la scoperta copernicana dell’eliocentrismo alla pigrizia del Sole stanco di girare attorno ai pianeti.

 

Mattia Pascal, il protagonista del romanzo di è all’origine un pirandelliano «uomo senza qualità», appena un nome: il nome era un tempo per il protagonista l’unica certezza, e lo ripeteva a sé e agli altri per riconoscere almeno in quel suono la sua presenza.
Il romanzo, Il fu Mattia Pascal, contiene la rappresentazione del dramma esistenziale di ogni uomo che vaga attraverso la vita alla ricerca di una dimensione e di una identità personale. Di fatto, Mattia Pascal scopre che le convenzioni sociali cui ha voluto sottrarsi sono qualcosa di vincolante, ma anche di insostituibile: è inutile che l’uomo cerchi di realizzare se stesso, perché non riuscirà mai a uscire da regole e norme che, mentre lo condizionano, sono altrettanto indispensabili per la sua esistenza.

Quindi l’uomo vale solo in virtù di elementi e fattori estranei alla sua realtà di persona.
È questa l’ultima conseguenza di quel fallimento globale del mondo ottocentesco: la totale scomparsa dell’eroe, la totale scomparsa di una immagine tradizionale dell’uomo.

 

IL FU MATTIA PASCAL, citazione tratta da Il fu Mattia Pasca:  La necessità di un’identità
“Ed ecco, ora, dopo essermi aggirato per due anni, come un’ombra, in quella illusione di vita oltre la morte, mi vedevo costretto, forzato, trascinato peri capelli a eseguire su me la loro condanna. Mi avevano ucciso davvero! Ed esse, esse sole si erano liberate di me… […] Ma sì! ma sì! Io non dovevo uccider me, un morto, io dovevo uccidere quella folle, assurda finzione che m’aveva torturato, straziato due anni, quell’Adriano Meis, condannato a essere un vile, un bugiardo, un miserabile; quell’Adriano Meis dovevo uccidere, che essendo, com’era, un nome falso, avrebbe dovuto aver pure di stoppa il cervello, di cartapesta il cuore, di gomma le vene, nelle quali un po’ d’acqua tinta avrebbe dovuto scorrere, invece di sangue: allora sì! Via, dunque, giù, giù, tristo fantoccio odioso! Annegato, lí, come Mattia Pascal! Una volta per uno!”